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mer
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giu 08

GQ – Intervista al Mago Forest

In epoca di ego smisurati e ad espansione, con la tivù che fa la storia del Paese e quelli che fanno la tivù considerati a metà tra la biografia della nazione e gli eroi popolari, il Mago Forest, al secolo Michele Foresta mi guarda e mi fa: “Ho imparato a desiderare quello che ho già”. E mi sembra il modo migliore per iniziare la chiacchierata, come una disarmante rivendicazione di normalità. E allora eccoci qui a parlare di lui, della tivù e del Paese, a cominciare dalla sua storia, esemplare e al tempo stesso “antica”, quasi neorealista.

Storia che comincia da dove?
Dal sud, Nicosia, nel cuore della Sicilia, lontano da tutto. Se ti serviva un bullone per la macchina ti dicevano devi andare a Catania. Lo scotch biadesivo? Devi andare a Catania. Ho vissuto anni nella sindrome della mancanza delle cose. E poi mi sono avvicinato a una radio libera, mettevo a posto i dischi dei dj, che mettevano musica d’oltreoceano, figurati, io non avevo mai visto il mare. C’era un tale Santino che metteva la musica di Elvis Presley, mi ricordo che quando morì, era il ’77, tappezzò tutta la macchina con i poster di Elvis. Io non capivo, forse, ma lavoricchiavo lì, avevo già in mente questa cosa dello spettacolo che mi sarebbe piaciuto e sembrava un miraggio folle. Facevo lo scemo a scuola, leggevo Ciao 2001, a Nicosia c’erano due punk, io e un altro, ma lo facevamo di nascosto, non in pubblico. Magari se c’era una festa ci mettevamo le spille da balia sulla giacca, zero basette, tagli che il parrucchiere del paese non voleva farci, ce le tagliavamo da soli.
Neorealismo punk medieterraneo, roba forte, e poi?
Poi sono venuto a Milano a fare il militare e ci sono rimasto. Facevo il barista in centro, vivevo in piccole pensioncine, ricordo che quello nel letto accanto a me non era sempre lo stesso, anzi, cambiava sempre. E poi accaddero delle cose, vidi un manifesto di Django Edwards e andai a vederlo al Ciak. Lì presi il virus. Vidi un annuncio per una scuola di mimo e arti comiche, che si chiamava Il Palcoscenico. Mi iscrissi, e lì frequentavo gente con la stessa passione, le cose si incasellavano, scoprivo un mondo. E’ iniziata la mia second life, si dice così, no? C’era questo bordeggiare il mondo dello spettacolo, ma non ero capace e non capivo. Volevo andare alla scuola Filodrammatici, ma non capivo nemmeno come ci si iscriveva, mi arrendevo subito. Ho subito creato questo personaggio, un mago stralunato, il mago Forest, sai che trovata, toglievo una lettera al mio cognome, perché Foresta fa Nicosia, ma mago Forest fa… non lo so cosa fa.
Insomma, gavetta…
E lì c’era una tappa quasi obbligatoria che era il clown, il palco era ovunque, circo, teatro, strada. Ma siccome a Milano fare spettacolo in strada era accattonaggio, credo una legge prefascista che equipara l’artista di strada al barbone, sono andato via, Londra, Parigi. A Londra era pazzesco. Magari lavoravi in strada con dei tipi che sembravano come te e poi invece quelli alla sera li vedevi in tivù, erano artisti bravissimi, artisti veri. E intanto affinavo il personaggio, e poi, in qualche modo è andata, ho fatto migliaia di serate di cabaret, negli anni Ottanta e Novanta, c’era il cabaret dappertutto, uno aveva un bar, bar cabaret. Una gelateria, gelateria cabaret. L’elettrauto cabaret… C’è stato modo di costruire le cose. Poi venne un provino con Arbore, una cosa casuale, fu la mia prima pacca sulla spalla. In realtà lui cercava il pubblico per Indietro tutta, io andai in bagno a cambiarmi e uscii con la mia valigetta da mago e lui pareva contento, gli piacevo, insomma…
Bella storia. Ma insomma, allora era possibile, voglio dire, partire e fare quello che si vuole…
Beh, mi è accaduto. Non è che mi è successo e basta. Non c’è la retorica del “ce l’ha fatta”, non credo di essere arrivato al successo o cose così. Penso di essere arrivato a fare quello che mi piace fare. Credo che succeda. Pensa che so, alla Margherita Hack che magari un giorno da ragazzina ha detto voglio studiare le stelle… Certo, ci sono sogni più strani di altri, ma qualunque sogno che si realizza va bene, è una lotteria…
Però quel clima lì, penso alla fine dei Settanta era strano, no? La società un po’ ribaltata, tutto sembrava possibile. Sarà che ci sembra così a distanza perché eravamo ragazzini…
Sì, un po’ è così, il fatto che eravamo giovani ce lo fa sembrare bello. Però credo che adesso i tempi siano maturi per una nuova coscienza giovanile… Ma sì, erano tempi in cui c’era stata per troppi anni la Democrazia Cristiana, la situazione era statica, bloccata, partiva un senso di ribellione al sistema. Come dire, saltava un po’ il tappo. E oggi mi sembra che la situazione sia simile. Un potere un po’ uguale a se stesso, chissà, forse qualche segnale c’è.
Dici sul serio?

Ma sì, ti faccio il caso più recente. A me suona strano che Travaglio va in tivù e racconta una storia che già sta scritta sui libri, sui giornali, ma se lui la racconta lì viene querelato. Mi sembra che si sta andando un po’ verso Putin, che se solo una giornalista fa una domanda di gossip lui chiude il giornale… Sembra che per molti politici, di questa nuova ondata, la direzione sia un po’ questa… Un pensiero unico e guai a disturbare. Mentre Travaglio va lì e racconta le cose, ci mette la faccia, è un po’ come un post-it della storia, del Paese. E scatta subito la rappresaglia. Invece dovrebbe andare in un altro modo. Ah, sì, mi hai detto mafioso? Bene, chiarisco subito la mia posizione, racconto tutto, dico la mia. Sai come faceva Mario Merola quando dicevano che era camorrista? Lei ha cantato al matrimonio di questo e al battesimo di quell’altro… Lui tirava fuori la foto col papa, o col presidente della Repubblica e diceva, e questi? E allora?
Però, insomma, io tutte ‘ste avvisaglie di una nuova coscienza giovanile non le vedo…
Ma vogliamo parlare di questo? E’ un po’ complicato… Però io credo di sì, che ci sia qualche segnale. Guarda l’opposizione che c’è oggi, che non è un’opposizione, si accusavano persino di copiarsi i programmi e quindi tutta ‘sta differenza non c’era. Poi ha vinto il centrodestra, le motivazioni sono varie, ma insomma, è chiaro che c’è almeno un quaranta per cento della società che la pensa in un altro modo, ma nettamente in un altro modo, e questi sono tanti, bisogna rispettarli e ascoltarli.
Dunque bisogna salvaguardarli almeno come clienti, sono una parte della società bisognerà pure lasciare qualcosa anche per loro, no?
E’ nella logica delle cose. Se qualcuno pensa di avere un guinzaglio per tenere certa gente, o delle museruole da usare nel momento opportuno è sbagliato. Che il prisma debba avere tutte le sue sfaccettature mi pare giusto e doveroso. Magari al signor Barilla non piacciono i fusilli e le mezze penne, però deve farli lo stesso, perché ci sono altri che li mangiano e li trovano buoni…
A proposito di guinzagli, e museruole, e offerta più larga possibile, trovi che in tivù si veda il meglio che si possa vedere?
Direi di no. Ci sono molte cose che ci dovrebbero essere di più, ma molto di più. La Gabbanelli la vedrei tutti i giorni, la farei presidente della Rai. Ma i due poli tendono ad annullarsi con programmi sempre più simili… proprio come i programmi politici. C’è stato il periodo della tivù del dolore,  e allora via!, tutto dolore. Ora c’è il periodo dell’allegria immotivata, via!, tutti allegri… E poi c’è un’alienazione di fondo, che è una globalizzazione totale, un programma che va bene in Uganda si pensa che vada bene ovunque. E pensare che c’è tutto un mondo di gente che ha idee, scrive, pensa, inventa e che non ha spazi, tranne che in rarissimi casi.
Eppure mi sembra che un tempo il Paese si sapesse raccontare meglio di oggi.
Mah, chi può dirlo. Certo abbiamo avuto talenti comici che fare il paragone con oggi può risultare ingeneroso. Un Walter Chiari nasce ogni 100 anni, un Alberto Sordi ogni 200. Per vedere gente che sa raccontare come un Fellini, un Bertolucci, un Monicelli ci vorranno secoli. Ma chissà, magari tra trent’anni ci ritroviamo qui a dire… eh, non ci sono più gli Avati, i Moretti, i Virzì di una volta… Per quanto riguarda la tivù il paragone non è possibile: c’erano due canali, oggi c’è tutto sempre. Ricordiamoci che Tognazzi e Vianello furono cacciati per una gag sul presidente della Repubblica, insomma finiva una carriera per molto meno. Oggi c’è anche qualcuno che osa, per fortuna. Penso a Crozza che fa il Papa. Gli hanno rotto le palle, ma lo fa ancora. Forse si sono messi d’accordo. Il Papa potrebbe imitare Crozza durante l’angelus. Si mette una calotta e dice: bélin…
Tu hai una cifra tutta tua. Avanspettacolo leggero e poi… zac, la frecciata, la lama. Molto efficace…
Beh, devo ringraziare la Gialappa’s. Prima lavoravo sulla cifra del mago comico, invece con loro riesco a trattare tutto quello di cui si può parlare. Ho un ottimo team di autori che vedo tutti i giorni, e il lavoro creativo è la parte più bella, si assembla, si frulla, si scrive…
Ma secondo te gli spazi si chiuderanno ancora di più o si aprono?
Beh, la speranza è che si aprano sempre di più, ma da come si è messa la prima settimana di governo, con Travaglio querelato perché ha detto cose già scritte in un libro, direi che la direzione pare quell’altra, e non vedo molta gente che corre a difenderlo. Poi c’è questa costante minaccia della querela, che è intimidatoria. Però io continuo a pensare che il tasso di libertà di un paese si misura dalla libertà della sua satira. Piuttosto che castrare uno, diamo più voce a tutti, meno monopoli e più voci. È semplice, no?
Problemi? Censure?
Con la Giallapa’s funziona bene. Ogni tanto arriva l’avvocato Mediaset che dice: questa battuta è a rischio di querela, non posso farla passare. Ma se la battuta fa ridere e la Gialappa’s è convinta non mollano mai. Allora cominciano a parlarsi gli avvocati, l’avvocato della Gialappa’s dice si può dire e l’altro dice no. Tu sei lì che lavori e devi aspettare che gli avvocati finiscano di parlare. C’è stato un periodo in cui proprio non si poteva pronunciare la parola Gasparri… Allora la Gialappa’s ha preferito tagliare mezz’ora di spettacolo. Una volta Previti querelò, ma poi perse, anche se se ne è parlato poco. Ma comunque, stiamo calmi, l’editore compra la tua opera di ingegno, mica la tua anima!
Ci vuole forza, e coerenza.
Sì, ma andiamo! La nostra coerenza è poca cosa di fronte ad altre coerenze. Penso a uno come Saviano…
E ora? Solo tivù? Sempre tivù?
No, ci sono altre cose, per fortuna le proposte non mancano. Però con la Gialappa’s mi trovo così bene che non riesco a pensare al giorno della separazione. Sarà durissimo, gli voglio troppo bene, non posso pensare a separarmi da loro. Chissà, forse dovremmo morire tutti insieme in un incidente… mentre andiamo dove?… Fammi pensare… deve far ridere, se no non scriverlo.

4 commenti »

4 Commenti a “GQ – Intervista al Mago Forest”

  1. Purtroppo ci troviamo in mezzo ad un potere che non sa ridere, ma al contrario inconsciamente fa seriamente ridere chi lo guarda o lo ascolta. Per esempio, quando all’ora di cena in ogni telegiornale spuntano puntuali le facce di Gasparri, Vito, Calderoli e Cota la mia bocca accenna spontaneamente un sorriso. Sentirli anche parlare è una goduria pazzesca. Nella probabilità in cui mi imbattessi addirittura in un ragionamento di Giovanardi l’estasi sarebbe assicurata. In quei momenti mi diverto così tanto che mi passa perfino la voglia di mangiare. Nella mia vita ho visto innumerevoli lavori teatrali, perfino la commedia musicale “A Prescindere” con il grande Totò, e vi assicuro che l’assoluta comicità, davvero irripetibile dei tempi d’oro dello spettacolo, che riusciva perfino a farmi dimenticare per qualche attimo le tristezze belliche, si abbassa a malinconica pura se confrontata alle irresistibili farse spontaneamente inscenate dai politici dei giorni nostri.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 5 giugno 2008 alle 17:18

  2. non so per quale imperscrutabile motivo, quando in tv o anche alla radio, c’è un buon programma di satira, la sensazione è quella di sentirsmi meno solo, che qualcosa, qualcuno, sia lì a suggerirmi che non devo mai dimenticare quanto possa essere fondamentale per un nuovo mondo possibile, quel pizzico d’umana resistenza.

    da daniele   - giovedì, 5 giugno 2008 alle 19:20

  3. Intervista bellissima, che sinceramente mi ha colto di sorpresa. Semplicemente grazie.

    da Carlito   - venerdì, 6 giugno 2008 alle 02:15

  4. Intervista mitica…il mago ha fatto vedere la sua parte migliore…oltre a quella comica che è mitica…
    W IL MAGO FORESTTT!!!!!!!!!

    da Emma   - lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:32

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