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Voi siete qui – Tutto libero, ma non troppo

Sarà anche vero che la sinistra non ha capito la gente, che è lontana dalla realtà, come negarlo. Ma anche i grandi giornali non scherzano. Per esempio: dopo gli acuti strali lanciati dalla grande stampa contro la pubblicazione in rete dei redditi 2005 degli italiani, pare che i lettori non siano così scandalizzati. Populismo di sinistra, tuonano gli editoriali. E anche: gogna! E pure: violazione della privacy! Tutti più o meno d’accordo nel dire che quei dati non dovevano esser messi in rete (salvo naturalmente pubblicarne a dozzine e centinaia). Ma poi, guarda tu come va il mondo, gli stessi giornali chiedono ai loro lettori: è giusto pubblicarli in rete? Risultati: l’84 per cento dei lettori di Repubblica dice sì. Il 54 e passa per cento dei lettori del Corriere dice sì. E’ abbastanza per sostenere che hanno perso il contatto coi loro lettori? La faccenda è piuttosto strabiliante. Ma non la faccenda dei redditi, che alla fine è una cosuccia veniale che spiega poco e nulla sul Paese. Ciò che strabilia è che ci siano costantemente informazioni in libertà vigilata. Beppe Grillo riempie una piazza, un blog, arringa e infiamma centinaia di migliaia di persone. E’ un fatto pubblico. Ma se una trasmissione tivù riprende le sue parole (diritto di cronaca) apriti cielo: era una faccenda pubblica, ma perché renderla “troppo” pubblica? I redditi degli italiani sono pubblici, ce lo ripetono come un mantra proprio quelli contrari alla pubblicazione, ma così, dicono, sono “troppo” pubblici. Maledizione, eccoci al cospetto di una parola elastica, per cui una cosa è teoricamente nota a tutti, ma se lo diventa davvero scattano infiniti problemi, dalla privacy all’opportunità, dall’istigazione all’invidia sociale, fino all’istigazione al sequestro di persona, come se la mafia avesse bisogno dei redditi pubblicati su internet. Alla fine, resta la sensazione di vivere in un posto in cui c’è una specie di libertà vigilata. Tutto libero, ma non troppo, tutto pubblico, ma non troppo. Tutto trasparente, ma non troppo. Tutto un po’ stupido. Un po’ troppo.

14 commenti »

14 Commenti a “Voi siete qui – Tutto libero, ma non troppo”

  1. Perché non posso verificare se i guadagni dichiarati dal mio dentista sono coerenti con le sue esosissime parcelle? O scoprire se il mio padrone di casa paga effettivamente le tasse sull’affitto che gli corrispondo ogni mese (e che equivale a uno stipendio medio)? Misteri italiani.

    da Paola   - domenica, 4 maggio 2008 alle 11:29

  2. si persegue quella ‘fantasmagorica’ regola secondo la quale, quando fa comodo una cosa, la si sbandiera ai quattro venti:” succede nelle democrazie più avanzate!” e giù a fare analisi sociologiche fino a far emergere, una volta di più, quel patetico tentativo di liberarsi da quel giogo fastidiosissimo chiamato provincialismo.
    insomma si vorrebbe da una parte poterci arrivare, a far parte del gotha delle grandi democrazie occidentali, il fatto è che quando i ‘vizi’ superano di molto le virtù, finiscono per consolidare e caratterizzare la cultura di un paese. esistono sicuramente processi storici di minore o maggiore emancipazione da questi, oggi siamo ai minimi storici.

    da daniele   - domenica, 4 maggio 2008 alle 11:37

  3. La giornata della libera informazione. Mi viene da ridere. Ora ci risiamo con Santoro, con la sua faziosa trasmissione che si azzarda ad informare che c’è un tizio che gira per l’Italia, raduna milioni di persone nelle piazze, raccoglie milioni di firme… I giornali ne possono parlare, ma la TV no. Guarda un po’!

    da Vittorio Grondona   - domenica, 4 maggio 2008 alle 12:56

  4. Paola, il reddito del tuo dentista puoi verificarlo: ti basta andare in Comune. I redditi messi online in questo modo invece sono un pericolo pubblico: 38 milioni di nomi completi di data di nascita e residenza sono un regalo a chi opera nel mondo delle truffe, perché agevolano i furti di identità e molti altri reati online e offline. Si è trattato di un’iniziativa cialtronesca e improvvisata, una pessima uscita per il Governo Prodi. Purtroppo la pericolosità è difficilmente comprensibile per chi non conosce Internet e non ha almeno un’infarinatura di database e data mining.

    da Gianni   - domenica, 4 maggio 2008 alle 15:33

  5. (osservo che le persone portate in piazza dal tizio siano passate da “centinaia di migliaia” nel pezzo di robecchi a “milioni” nel commento…)

    da marilena   - domenica, 4 maggio 2008 alle 23:59

  6. Il tizio, sempre se le notizie che ci ha propinato in merito la nostra sgangherata informazione fossere esatte, pare che nel solo giorno del 25 aprile scorso avesse raccolto nelle varie piazze italiane un milione e mezzo di firme per i tre referendum proposti. Se per caso la notizia, che tutti abbiamo letta o sentita dai media, sarà dimostrata inesatta ed esagerata da altre fonti più autorevoli e precise, sono tranquillamente d’accordo di diminuire da milioni a centinaia di migliaia le persone richiamate nelle piazze dal tizio in questione, anche dove non era fisicamente presente. Ad un certo punto, fino a prova contraria, bisogna pur fidarsi di chi ci informa per professione e percepisce per farlo importanti aiuti economici dallo Stato, altrimenti dovremmo cercarci le notizie autonomamente… Molto difficile e complicato cara Marilena!

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 5 maggio 2008 alle 10:13

  7. Tutto giusto quello che scrivi.

    da Gianluca Aiello   - lunedì, 5 maggio 2008 alle 11:59

  8. Vedo che il manifesto ha titolato “Left end”. Non sarebbe meglio ormai metterci su un bel “Dead end”, “vicolo cieco”? Visto l’andazzo…

    da s|a   - lunedì, 5 maggio 2008 alle 21:04

  9. Caro Gianni, dubito che i criminali intenzionati a depredare i patrimoni altrui attendano la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi per entrare in azione: intrusioni informatiche, “soffiate” dall’interno degli istituti di credito, clonazione di bancomat e carte di credito sono all’ordine del giorno e costituiscono strumenti alla portata di tutti (in certi ambienti, si intende); ecco perché una simile obiezione, peraltro simile a quella formulata da Beppe Grillo, mi sembra pretestuosa. Robecchi ha ragione: la trasparenza è un lusso che non siamo abituati a permetterci.

    da Paola   - martedì, 6 maggio 2008 alle 09:25

  10. Paola, la tua obiezione tecnicamente è superficiale e sbagliata. Purtroppo.

    I dati diffusi IN QUEL MODO dal Fisco sono una manna potenziale per chi attua operazioni di marketing illegittimo, per la criminalità informatica, anche per acquisire altri dati incrociandoli con altri database.

    Esempio “artigianale”: prendo 20 pensionati di Lodi, li cerco sulle pagine bianche e trovo almeno 7 o 8 potenziali vittime per le truffe dei falsi esattori dell’enel. E’ vero: si puo’ fare lo stesso facendosi dare le soffiate da un basista in banca, o sorvegliando gli uffici postali. Ma con i comodi elenchi offerti dal Fisco Italiano diventa molto PIU’ FACILE. :-(

    E questo è solo uno dei tanti esempi possibili.

    da Gianni   - martedì, 6 maggio 2008 alle 11:31

  11. I redditi sono visibili in ogni comune senza neanche lasciare documenti o registrazioni di nomi dei richiedenti. Dove sta la differenza?
    Certo, tutti gli elenchi si possono elaborare e si possono fare filtri in base al reddito, ma non dimentichiamoci che sono dati pubblici.. quindi .. o li rendiamo privati, sempre, oppure li lasciamo pubblici e non dobbiamo averne paura.

    da Beppone   - martedì, 6 maggio 2008 alle 16:20

  12. Beppone, c’è un’enorme differenza. In Comune ci devi andare e devi essere motivato. Su Internet sono accessibili da qualsiasi parte del globo.

    Ci sarà un motivo se nessun paese al mondo mette online i redditi dei suoi cittadini. E, aggiungo io, solo degli incompetenti possono farlo con le modalità scelte dal fisco italiano.

    da Gianni   - martedì, 6 maggio 2008 alle 18:15

  13. Scommettiamo che prima o poi troveranno il modo di fare pagare agli interessati anche la consultazione delle dichiarazioni dei redditi? Scherzi a parte, trattandosi di dati non sensibili l’elenco è per legge lasciato alla libera consultazione pubblica per un loro uso corretto, come è giusto che sia. Gli abusi sono sempre perseguibili e passibili di punizione. Io penso che se si volesse veramente trovare una pecca alla loro divulgazione in rete, si potrebbe discutere sull’opportunità o meno di mettere quei dati, esclusivamente di interesse nazionale, alla mercé del mondo intero. Per il resto i pericoli derivanti da eventuali azioni di malintenzionati, peraltro sempre in agguato, sono riconducibili nella norma… O vogliamo mettere le ronde col manganello anche in intenet?

    da Vittorio Grondona   - martedì, 6 maggio 2008 alle 18:26

  14. Sul blog del circolo PD Barack Obama ho postato un commento con una proposta costruttiva:

    http://pdobama.wordpress.com/2008/05/05/redditi-online/#comment-1057

    (togli il link se preferisci)

    L’iniziativa avrebbe dovuto essere più pubblica e più graduale.

    1. Non puoi prendere un provvedimento simile da un giorno all’altro. Sarebbe come se, dopo anni di anarchia dei parcheggi, in una città improvvisamente scendesse in strada un esercito di ausiliari della sosta che multano tutte le macchine, interpretando rigidamente il codice della strada. Formalmente potrebbe essere ineccepibile, dal punto di vista dei cittadini è solo malgoverno vessatorio. Se poi emerge che buona parte degli ausiliari assunti dal comune sono semianalfabeti e non compilano correttamente i verbali, diventa vera e propria incompetenza.

    2. Il provvedimento avrebbe dovuto, se la logica è preventiva, riguardare le nuove dichiarazioni.

    3. Il tempo fra la dichiarazione e la messa online deve essere enormemente più breve. Mettere online dichiarazioni relative a 4 anni prima significa dare una fotografia distorta di quella che è la situazione attuale.

    4. L’iniziativa avrebbe potuto e dovuto essere graduale, partendo dall’alto verso il basso.

    Ad esempio, il primo anno si mettono online solo le dichiarazioni delle società di capitali: la pericolosità in termini di evasione è la maggiore; sono organizzazioni che hanno una maggiore capacità di assorbimento della critica sociale rispetto al privato; la funzione di controllo sociale “peer to peer” data dal fatto che dipendenti, collaboratori, sindacati, clienti e fornitori possono vederne il reddito è probabilmente più utile, efficace e maggiore rispetto al semplice incoraggiamento della curiosità sui redditi del vicino. Successivamente, se l’esperienza non manifestava problemi e controindicazioni, si passava alle società di persone e infine ai privati, magari partendo prima dalle fasce di reddito più alte per poi scendere.

    5. Fermo restando che secondo la legge italiana i dati sono pubblici e resi consultabili attraverso i comuni, nel caso dei privati dovrebe essere data ai singoli cittadini la facoltà di scegliere se rendere pubblico il proprio reddito online o meno. Ci può comunque essere chi, pur dichiarando fedelmente il proprio reddito, per motivi di modestia, riservatezza personale o altri, preferisce non far sapere troppo agevolmente ai vicini quanto guadagna, qualunque sia il livello del reddito. In altre parole ci può essere chi preferisce non far sapere urbi et orbi né che guadagna molto, né che guadagna poco, e questo desiderio va rispettato, esatamente come va rispettato il desiderio di non rendere pubblico il proprio numero di telefono o la propria data di nascita.

    6. Tecnicamente, l’accesso online a quei dati deve essere studiato meglio, perché la messa online di semplici elenchi scaricabili da chiunque (e quindi riutilizzabili e rielaborabili come database) è semplicemente un errore.

    7. La trasparenza inoltre dovrebbe essere più simmetrica e, prima di tutto, a carico dello stato. Se si pubblicano i redditi dei cittadini, non è tollerabile che lo stato, a una petizione di 1500 cittadini che chiedono di vedere i documenti di spesa relativi allo scandalo del portale ITALIA.it risponda che “i cittadini non hanno titolo” a vedere tali documenti. La stessa gestione di questo episodio è stata NON TRASPARENTE: un provvedimento preso da un giorno all’altro senza alcun dibattito pubblico.

    L’episodio, per come è stato gestito, invece è stata una prova di malgoverno e di incapacità di gestione della modernità

    da Gianni   - mercoledì, 7 maggio 2008 alle 08:17

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