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sab
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apr 08

GQ – Intervista a Gerry Scotti

L’accendiamo? E’ la tua risposta definitiva? Dopotutto, bastano due frasette così per farsi un marchio di fabbrica, e in più Gerry Scotti ha altre armi: una bonarietà amichevole, una “normalità” confortevole, un che di familiare. Ma attenzione, perché la tivù appiattisce le cose, e così accade che parlandoci insieme, discutendo di televisione e di Italia (due cose che paiono tristemente inscindibili) si intravede un altro Scotti, che è sempre lo stesso Gerry (Virginio) ma ha qualcosa in più, tratti e sfumature che quando è dentro la scatola si vedono meno, si intuiscono soltanto.
Partiamo da qui: non sei uno che esterna. Strano, di solito chi fa tivù passa il tempo a spiegare come si fa la tivù…
Ma direi che intanto c’è qualcosa di caratteriale, non è da me parlare male di questo e di quello, e non mi va di farlo anche perché so di saper fare questo lavoro. Forse è anche uno dei precetti cristiani che ancora riesco ad applicare: non fare agli altri… eccetera eccetera. Ma poi c’è un altro fatto: rispetto alla quantità di tivù che produco, io ne consumo davvero poca, non sono di quelli che stanno sempre lì a guardare, a confrontare, a registrare la concorrenza, a riguardarmi, a studiare i grafici…
Non dirmi però che non guardi gli ascolti, non ci credo…
Non in maniera malata. Ora faccio un programma quotidiano, guardo i dati una volta alla settimana, un punto in più, un punto in meno non sono cose che mi preoccupano.
Complimenti per la modestia, tantopiù che viene da uno che porta un paio di milioni di persone in più al TG5, che senza Gerry la concorrenza al Tg1 se la sogna.
Parliamone seriamente. Se fai bene informazione il tuo pubblico ce l’hai lo stesso. Mentana, Rossella e oggi Mimun ce l’avrebbero lo stesso, e lo sottolineano spesso nei loro comunicati. Però a quell’ora ci sono flussi di pubblico che sono veri fiumi in piena. Se guardi l’ultimo quarto d’ora del Milionario sembra che la gente arrivi lì, ed è tanta. Il preservale della Rai ha dato un certo consolidamento al Tg1, non è un mistero. E del resto, non si sa perché, il Tg di Raiuno davanti ai grandi avvenimenti, alle grandi notizie vince comunque. Pensa al messaggio del Capo dello Stato, a reti unificate, stesse luci, stesso audio, eppure Raiuno fa otto milioni e noi quattro. Detto questo, è vero, mi capita di accompagnare molta gente verso il Tg5, anche se poi Publitalia, che ha il compito di ricordarci sempre che siamo una tivù commerciale, ci piazza quei tre-quattro minuti di spot che sono il granaio dell’azienda, certo, ma che di quei due milioni che io porto in più ne allontanano la metà…In ogni caso ci tengo a dirlo: un buon telegiornale ha il suo pubblico e io non dirò mai di essere il salvatore della patria o del Tg, però insomma, constato che funziona…
Diplomatico, oltre che modesto. Eppure è difficile pensare a Gerry Scotti fuori da Mediaset. Dalla Rai nemmeno una telefonata?
Guarda l’anno scorso ho festeggiato i 25 anni qui e non me ne sono nemmeno accorto. Ho cominciato come ragazzo di bottega, i dirigenti sono cresciuti con me e ora sono nomi importanti della tivù italiana. Con contratti di due-tre-quattro anni sono arrivato al quarto di secolo senza accorgermene.
Andiamo, nessun abboccamento dalla Rai?
Ma sì, ogni volta che il contratto arrivava in scadenza capitava qualche appuntamento. Andavo lì, parlavo con qualche dirigente e poi dopo un mese o due quel dirigente andava alle acque potabili, o alle ferrovie… Non lo so… Io sono abituato a una specie di fedeltà di fatto, che mi piace anche per un altro motivo: io sono l’essenza del libero professionista, e sottolineo la parola libero. Non ho un agente, ho un avvocato e un commercialista e la mia squadra, ma nessuno che decide per me. Gli ultimi due contratti sono andati così, mi hanno dato un foglio e mi hanno detto: scrivi che programmi vuoi fare, quante puntate e quanti soldi vuoi. Più libero di così….
Porca miseria, dove siamo finiti, all’Eldorado?
Stai attento, non fare come certi tuoi colleghi saccentini che si sono seduti lì e mi hanno detto: quindi Scotti lei tiene al Milan e vota Forza Italia. Delle due, se devo dire, sì, tengo al Milan. Io ho le mie idee e non le mando a dire, ma una cosa devo dirla: non c’è stato uno, in 25 anni, anche in momenti di referendum, elezioni, grandi crisi istituzionali, processi, cazzi e mazzi, che sia venuto a dirmi per favore puoi dire questo o quello. Mai. Ogni tanto me ne stupisco, ma questo è il fatto, e ci tengo a dirlo.
Mai mai? Nemmeno il famoso vietato vietare che mobilitò la truppa Mediaset?
Mai. Non so perché, se per rispetto del ruolo, della persona, o perché sanno come sono fatto.
Un idillio!
Ma sì, in 25 anni di convivenza sgarbi, sgarbini, sgarbetti, comunicati in cui Scotti non c’era, telegatti che a Scotti non si davano… piccoli sgarbi diplomatici, ma niente di più…
Una forza tua, perché in altri casi si sa che le pressioni non mancano…

Può essere, ma ci sono dei bei gruppi di potere che fanno assolutamente quello che vogliono. Il mio amico Ricci ci si diverte, a litigarci. Parenti, Mentana, anche Costanzo e De Filippi. Direi che è un’azienda che lascia fare chi sa fare, e a me, non avendo bisogno di fare ricatti, va benissimo così. Io li ricatto solo per avere i biglietti del Milan…
Passiamo all’artiglieria pesante. Uno guarda la tivù e crede di vedere il Paese. Ma invece dall’altra parte, cioè dalla parte di chi fa la tivù, il Paese si vede?
Io dico di sì. Credo che qualcuno lo perda di vista, troppo concentrato su se stesso. Ma io faccio una tivù che ha come ingrediente principale la gente. Con una, due, tre persone al giorno ci parlo. Il Milionario è un quiz, ma racconta anche storie, tra una domanda e l’altra io vengo a sapere se magari sei preoccupato per far studiare i tuoi figli, se hai un mutuo un po’ pesante, se quei 15mila euro ti possono cambiare le cose. Speranze, bisogni, aspettative della gente, io ci sto attento. Parlo di soldi, perché parliamo del Milionario, ma avviene anche con la Corrida, per esempio, su bisogni meno materiali. Uno viene a suonare la fisarmonica, la suona da cani, lo fischiano tutti, poi viene da me e dice: grazie, lo sognavo da tanto tempo… Sì, dal mio punto di vista il Paese si vede. Loro mi guardano, ma io guardo loro. E’ un privilegio, se ci sono tre televisioni in casa, mi vedono su quella in cucina, io sto lì, tra le foto della prima comunione e lo zio disperso in Russia…
Andiamo Scotti, questo è un po’ neorealista!
Eppure è così, noi siamo un po’ deviati dal nostro essere metropolitani, ma se esci un attimo dalle città è così…Io vado all’agriturismo e vedo un bagliore di tivù in una casa, sono le otto meno un quarto, vado a sbirciare se vedono me o Carlo Conti…Ma sì, è un’idea un po’ ruspante e neorealista, ma è grande quell’Italia lì.
Ma insomma, rurale o metropolitano, come diavolo lo vedi questo Paese?

E’ un’Italia che si è un po’ indebitata, che insieme ad altri valori – la famiglia, i figli, lo stare insieme, l’accontentarsi di quello che si ha – ha perso un po’ di orizzonti. Non so se te la ricordi quell’Italia lì che era quella dei nostri padri, se si compra il motorino non si va in vacanza, se si cambia la lavatrice non si cambia la tivù, manderei volentieri al diavolo la moglie che non vuole che vado all’osteria, ma ci sono i bambini, allora ci si sforza di andare d’accordo… Ecco, mi pare che ora invece questo limite, questo avanzare lentamente, questo tenersi a bada non ci sia più. Va bene le rate della macchina, ma chi si indebita per rifarsi gli occhi, o le tette, o per andare in vacanza… per usare un termine un po’ frusto, ecco, direi che è un’Italia un po’ frusta. E te lo dico proprio da figlio del boom economico, cresciuto sulla Vespa di mio padre, che poi diventava una Gilera e poi una Seicento… Tutti quei sacrifici erano orientati a dare qualcosa alla generazione successiva, qualcosa che loro non avevano avuto, se erano intellettuali la libertà, se erano contadini un pezzo di terra, se erano operai il pezzo di carta per farti scalare un gradino…
Critica culturale, non solo economica. Eppure la tivù non è estranea a tutto questo, come la mettiamo?
Ma sì, direi uno smottamento un po’ generale, dove la tivù gioca la sua parte, ma anche la scuola, vediamo qui certi concorrenti con due lauree che… lasciamo perdere. E la famiglia, anche…
E la politica? Tu hai dei precedenti, addirittura deputato.
Ma sì, venni eletto come indipendente nelle liste del Psi, in quanto giovane, direi. Mi dissero che come rappresentante dei giovani avevano avuto Strelher… Io dissi di sì, ma insomma, primo dei non eletti. Ero all’Aquafan di Riccione a lavorare e mi arriva un telegramma della prefettura che mi dice: presentati a Montecitorio, sei stato eletto. Pazzesco. Poi nacque la faccenda dell’assenteista, ma c’era un motivo, mi accorgevo che quando arrivavo io smettevano di parlare tra loro, cose così. Un giorno venni proposto per la presidenza della commissione di inchiesta sulla condizione giovanile. Ecco, dissi, questo può dare un senso a questa cosa. Ricordo che si alzò un antico democristiano e disse: “hanno proposto Scotti Virginio per la commissione sui giovani, ma noi riteniamo che uno che di mestiere fa il dj non sia adatto”… Che dirti, diedi le dimissioni, ma non le accettarono, al mio posto sarebbe entrato uno non gradito, questo lo seppi dopo. Non ci andai più e morta lì. Posso solo dirti che insieme ad oggi era uno dei periodi più bui della nostra Repubblica. Unica consolazione: ho visto e sentito parlare uomini politici che forse per ultimi meritavano questa qualifica. Craxi, Fanfani, Spadolini, Pajetta. Parlavano e avevano qualcosa da dire, e li si ascoltava. Nella politica di adesso il mio nome e la mia faccia non li vedrai più. Sono pronto solo per cariche istituzionali, presidente della Rai, delle Poste…
Guarda che poi ti ritrovi all’acqua potabile! Perché non Presidente della Repubblica…
Eh, ma mi sa che c’è qualcuno che ci sta già pensando e ha più probabilità… credo che faccia parte dei patti di queste prossime elezioni…
L’intervista finisce qui. Come minimo mi aspetto che tu chiuda come chiudi i tuoi programmi, “che Dio ti benedica”…
Io sono cristiano e credente, ringrazio il Signore per ciò che mi ha dato e non per ciò che mi ha tolto. Ma è una cosa mia, intima, un po’ foscoliana. Il saluto finale è forse un’altra cosa, lo vedo più anglosassone, God Bless You, è ecumenico e trasversale. Che Dio ti benedica detto da un pretone o da un vescovo avrebbe un altro significato. Io lo dico in quel senso, è un saluto di pace, se il vostro Dio è Budda, o Allah, non importa, vi benedicano loro. Ecco, è un Dio vi benedica che per me ha il valore di dire… Fai la cosa giusta.

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