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nov 07

Intervista a Daria Bignardi

Confesso che sono andato lì stupidamente burbanzoso. Ah, sì? adesso te le faccio io le domande barbariche. Che scemenza. Poi è successo che la mia intervistata, l’uomo forte della tivù italiana, Daria Bignardi, mi ha spolettato in tre minuti. E’ contenta di quel che fa, lo fa bene e glielo dicono tutti, è diventata un po’ di culto ma non se ne cura, o finge benissimo di. Mi telefonò qualche anno fa prendendomi di sorpresa e mi chiese se poteva chiamare la sua nuova trasmissione Piovono Pietre, che era il titolo di una mia trasmissione fatta in radio per anni (e di un bellissimo film di Ken Loach). Si sa come vanno queste cose: non è carino dire no, ma lo fai capire, e lei lo capì, non so se mandandomi al diavolo o meno. Meno, spero. Poi scelse quell’altro titolo, le Invasioni Barbariche, che era un altro film di culto (di Denys Arcand), e ci azzeccò alla grande, perché di colpo è tutto diventato “barbarico” e – somma fantasia dei giornali – non c’è volta che si citi la Bignardi senza aggiungere da qualche parte la parola barbarico. Insomma, è diventata una griffe, inequivocabile segno di successo.
Dobbiamo per forza partire da lì.
Dammi una definizione di barbarico. Barbarico è una parola che va di moda…
Mah, come spesso accade le cose succedono per caso. Scartato Piovono Pietre perché minacciata da un energumeno (grazie, ndr) ho cercato un titolo che mi dicesse qualcosa, e le Invasioni Barbariche mi sembrava buono. Del film mi piaceva il fatto che fosse sentimentale e crudele al tempo stesso, rovesciava dei luoghi comuni. In effetti poi il titolo è diventato noto…
Noto? Praticamente un marchio…
Ma non solo per la trasmissione. Intanto Baricco ha fatto i Barbari, per esempio, che era ben più potente… e del resto sono d’accordo con l’accezione della parola che emerge dal lavoro di Baricco: il barbaro è il nuovo, arriva da fuori, fa paura. E però se dovessi scegliere tra barbaro e barbarizzato mi identificherei col barbaro, mi suona minoranza, io poi sono un bastian contrario…
E dunque che c’è di barbarico, le domande? Le interviste?
Ma no, come ho detto è stato molto casuale. Io tra l’altro non pensavo nemmeno molto alle interviste, quando ho cominciato nel programma ce n’era una sola. Poi le interviste funzionavano, hanno preso piede, da una due, da due tre, e poi ci ho preso gusto… Per quanto sia casuale, però, devo dire che adesso mi ci sento, mi somiglia, mia madre direbbe “una bestia”, io preferisco barbarica, mi somiglia abbastanza. Poi col passare del tempo è probabile che le cose si appianino un po’, si invecchia, forse si diventa persino un po’ più buoni.
Questo conferma che barbaro non vuol dire cattivo.
Ma io non parto mai con una cattiveria studiata, anzi, quelli che vengono da me mi danno mezz’ora, senza rete, si mettono in gioco, c’è anche una complicità. Può essere che venga fuori la famosa bestia, parte la zampata, mi ci diverto, anche nella vita normale non sono una che finge di essere buona. Ma sì, trovo che il termine mi si addice.
Il fatto è che oltre al detto, alle domande e alle risposte, c’è il non detto. Certe correnti, certe cose che esulano dalle parole…
E’ il bello delle interviste televisive. Parlano gli occhi, la faccia, i piedi, le mani, alla fine succede qualcosa tra di noi. E quella cosa lì tu la puoi guidare fino a un certo punto, se ti annoi si vede, se la cosa non decolla non la rianimi. C’è un grado di imprevedibilità che è un po’ il suo bello. E’ senza rete anche per me.
Ricordo qui e la qualche tensione, la Palombelli, per esempio…
Ma pensa, era una che conoscevo, tranquilla, mi dicevo, scatta subito la solidarietà femminile, è una gentilissima con tutti… Mai mi sarei aspettata che scattasse quella roba lì, un po’ di tensione, ma poi, rivedendola, mi sono divertita, era naturale… E’ l’imprevisto. Sai, non sono così protetta. Da un lato mi sento un po’ un orco, e dall’altro in quella mezz’ora lì dò tutto, non è che calcolo o mi risparmio…
Domanda tecnica. Sei ancora nella top ten degli ascolti? Ci arrivasti con il Grande Fratello, dico, un posto tra le dieci serate più viste di sempre…
Non lo so, non è che sto lì a controllare… credo di sì, ma…
Ma dico, era una miniera d’oro, facevi ascolti stellari…
Mi stai chiedendo perché ho fatto il reality? Ma dài! Ancora! Ma è ovvio: se un giornalista presenta la prima edizione di un reality è per vedere che roba è, l’effetto che fa…
La domanda era un’altra, però, cioè, perché poi non l’hai più fatto. C’è gente che avrebbe dato un braccio, e tu invece te ne vai come se niente fosse.
Beh, ho fatto la seconda edizione, e quella sì, se avessi potuto non l’avrei fatta, ma avevo un contratto di tre anni…
In questo paese ereditario, dove nessuno molla le posizioni acquisite, dove non si riesce a cacciare gli ottantenni nemmeno col fucile, questa qui dal tetto degli ascolti saluta e se ne va…
Ma no! Ma con questa domanda parti dal presupposto che sia chissà quale posizione condurre il Grande Fratello. Ma io faccio la televisione per caso, poi ci ho preso gusto, è il mio mestiere, credo di saperlo fare. Non è che lo rinnego. Mi è capitato è l’ho fatto, per curiosità, per tanti motivi, ma il mio parametro non è quello… mi rendo conto che suona snobistico, ma il mio obiettivo non è mai stato il sabato sera, o condurre Sanremo…
A parte il fatto che non ho mai capito cosa cerca la gente nel reality, cosa di cui hanno scritto anche fior di intellettuali, ma non ho capito lo stesso.
Adesso non lo so, allora, credo, l’imprevisto, un po’ di realtà, un po’ di sorpresa. Dopo tutto venivamo da anni di tivù pettinata e paludata, signori e signore buona sera ecco a voi, specie in prima serata, una noia mostruosa. Era un genere facile, spiazzante, dove poteva succedere qualcosa che non si aspettavano. All’inizio quell’attimo di verità c’era, nonostante semiologi e sociologi si scatenassero a dire che non c’è niente di vero.
Beh, io credo che di vero ci sia poco, sul serio…
Quelli che ne capiscono di tivù dicono che è così, per esempio Antonio Ricci dice che è tutto costruito, tutta finzione. Io però dico di no, che invece poi le cose succedono, Loretta dà fuori di matto e litiga con Mike… E’ come l’incidente in autostrada, esiste l’imponderabile, ed è quello che piace… La prima serata di Miss Italia con la lite Goggi-Bongiorno è andata benissimo, poi quando hanno pettinato tutto è stato un calando, ma lo spettinato funziona.
Può essere. Continuo ad essere strabiliato che ci sia ancora miss Italia, presentata da un novantenne coadiuvato da una sessantenne… Perché succede?
Un po’ sì, è strabiliante… Non lo so perché succede… Stiamo parlando di un fior di novantenne, eh, Mike è Mike, il superprofessionista. Forse vogliono andare sul sicuro, forse il paese è vecchio…
Tu invece ti attieni a uno stile un po’ divulgativo, moderato, penso al linguaggio delle Invasioni, ma anche a Tempi Moderni…
E’ vero che quando fai televisione ti rimane la voglia di rispettare un po’… questa cosa sembrerà retorica, però… faccio un programma di nicchia, ascolti piccoli, però mi vedono un milione di persone. Un milione di persone sono tantissime e sono chiunque, la portiera, il barista, e voglio farmi capire, e ti dirò che si riesce, che comunico. Se non mi fosse capitato ‘sto accidente di fare la televisione in prima serata, probabilmente sarei come l’ottanta per cento dei giornalisti, che si parlano tra di loro, che parlano a quelli come loro.
Una questione di linguaggio…ma parlare a tutti, a tanti e a chiunque, come dici tu, non appiattisce un po’?
La televisione per statuto appiattisce. Ma la parola chiave, l’hai detto, è il linguaggio. Io le interviste le scrivo e le riscrivo, poi le riscrivo ancora, e cerco di avere un linguaggio normale, come se parlassi, ed è quello lì lo sforzo. Tra l’altro in Italia siamo stati sempre un po’ alti, il linguaggio moderno è una conquista abbastanza recente, essere diretti, naturali, senza suonare finti… Gli anglosassoni lo fanno da sempre, noi abbiamo imparato da poco.
Ma questo non andrà a influire sul contenuto? Io ti trovo abbastanza ecumenica, come se ci fosse un approccio neutro. E’ una scelta o è il mezzo che ti ci obbliga?
No, direi che è una scelta giornalistica. Mi viene di esser così. A me sembra di essere sempre un po’ bastian contrario. E comunque ecumenica non mi dispiace, per me è una specie di complimento, quello che faccio non lo faccio per i giornalisti, o i laureati, o i fighetti… Quando venne Dell’Utri io dissi che non volevo parlare dei suoi processi, ma solo perché se ne era già molto parlato…
Ci furono molte critiche, ricordo.
Sì, più che altro Luttazzi…
E le critiche che effetto ti fanno?
Le critiche fanno sempre incazzare. Se c’è una cosa che non capisco è quando si dice… mah, bene o male, purché se ne parli… No, no, proprio per niente… meglio che non se ne parli, piuttosto!
Oh, ecco che suoni un po’ meno ecumenica!
Ma cosa vuoi che ti dica, suonerò come suono. Comunque non è vero che non mi arrabbio… ci sono cose che mi indignano molto. Per esempio questa storia dei colpevolisti mi fa molto arrabbiare, di prendersela con gente di cui non sappiamo nulla. Quelle cose come “il fidanzato dagli occhi di ghiaccio”. Oppure la bambina rapita in Portogallo, siccome la madre diceva che era nervosa, ecco, allora l’ha ammazzata lei… Mi ha fatto arrabbiare… O Pavarotti che muore, e gli avvoltoi cominciano a girare, ecco, queste cose di pessimo gusto… Non so, sarà un altro segno che invecchio, ma me la prendo coi giornalisti…
… Ma sì, è di moda…
Sarà di moda, ma io credo che ci sono due modi di lavorare: bene e male. Fare bene è faticoso, dormi meno, ti incazzi, stai meno coi bambini… Fare male è facile, ma poi non c’è niente da fare, si vede e si sente… leggi cialtronate, cose sentite dire, “il fidanzato con gli occhi di ghiaccio”, cose così…
Forse la gente vuole questo. O c’è un disegno per dargli solo questo.
No, non ci credo. Sono convinta che se dai cose buone è meglio, E poi non amo la dietrologia, credo che sia una faccenda di cialtronismo individuale. Certo dipende anche dall’editore. Se l’editore ti chiede solo numeri e  non qualità, se non ti stimola… Quando sono venuta qui alla Sette, Campo Dell’Orto mi ha detto, fai quello che ti piace, che ti diverte e mettici il tempo che vuoi… dico, dove lo trovi uno così?
Bella dichiarazione d’amore. E quando vai in Rai?
Ma credo mai… Tutto è possibile, ma perché? La domanda giusta è: quando smetti di fare televisione?
Ma figurati! Per la media dei conduttori ti mancano ancora dieci anni!
E’ vero, ma questo è un lavoro usurante, anche se quelli che vanno in fonderia avranno giustamente da ridire… ma io sono una mamma anziana, ho 46 anni e una figlia all’asilo, ecco, vorrei avere più tempo, stare più con i bambini… Non so se mi metterei più lì a fare un giornale, o un programma…
Cose che si dicono, poi, quando è dieci giorni che vai all’asilo…
E’ vero… può essere… (ride) in effetti…

3 commenti »

3 Commenti a “Intervista a Daria Bignardi”

  1. Di norma guardo pochissimo le TV private per via della snervante, allucinante pubblicità. Qualche intervista di Daria Bignardi però l’ho vista. Le sue domande col sorriso sulle labbra sono davvero intriganti. Ho notato Fini che in alcune occasioni sembrava rispondesse imbarazzato come un bimbo dell’asilo, abbozzando di tanto in tanto una spiritosata per limitare l’evidente trasparire del suo disagio. Di quelle trovate caratteristiche dei politici privi completamente del senso dell’humor, intendo. Fanno ridere solo i loro portaborse. In sostanza ho avuto l’impressione che davanti a Daria Bignardi gli uomini intervistati, esclusi pochissimi casi di superman, si sentano confusi come ragazzini imberbi davanti ad una bella ragazza dotata di imbarazzante iniziativa e viceversa le donne temono di essere scoperte nei loro più nascosti segreti dal trapanare inesorabile delle “stuzzicanti” domande. Queste cose, da sempre, piacciono alla stragrande massa e, se bene confezionate, conducono sempre al successo popolare, come del resto certi reality ci confermano ancora oggi… Sono infine d’accordo con Daria Bignardi: le cialtronate non sono davvero gradevoli. Quelle sì che sono cose da barbari!

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 1 novembre 2007 alle 12:23

  2. Le interviste di Daria Bignardi mi piacciono e le vedo sul sito della Tv7, scegliendo i personaggi che preferisco. Ma il dubbio del titolo resta. Chi sono i Barbari? Forse sono gli intervistati, barbari nel senso di personaggi extra che irrompono nell’ordinarietà della vita quotidiana degli spettatori? O sono barbariche le invasioni di Daria con le sue domande per estrarre qualcosa di genuino dagli intervistati,in genere chiusi nella loro casta d’appartenenza? Avevo quasi dimenticato la questione, ma l’intervista di Robecchi mi ha fatto ritornare il dubbio.

    da isabella guarini   - giovedì, 1 novembre 2007 alle 14:07

  3. E intanto anche stavolta su Dell’utri è riuscita a svicolare :-p
    Ahi ahi ahi…

    da Abesibé   - venerdì, 2 novembre 2007 alle 23:45

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