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set 07

Voi siete qui – L’amaro matrimonio

Tutte le cose allegre e gentili che si dicono ai matrimoni sono inutili, paiono stupide, annichilite dalla realtà. Lorenzo D’Auria, il militare del Sismi ferito a morte durante il blitz che ha portato alla sua “liberazione”, e la sua compagna Francesca si sono sposati giovedì all’ospedale romano del Celio. Lui in coma irreversibile; lei schiantata dal dolore, con tre figli piccoli, l’ultimo di due mesi. “Cerimonia silenziosa e straziante”, hanno scritto le agenzie, e non si fatica a capirlo. Cerimonia “agevolata da Chiesa e Stato”, hanno scritto le stesse agenzie, ed è in questa “agevolazione” che sta la beffa più crudele, la straripante ipocrisia. La Chiesa chiama simili situazioni “matrimonio in articulo mortis”. Quanto allo Stato, non si sa, ma è un dato di fatto che conosciamo bene: senza quel “sì silenzioso”, la compagna del militare italiano ucciso in Afghanistan non avrebbe diritto alla pensione del suo uomo morto ammazzato. E per di più, in caso di decisione sulle terapie mediche (crudamente: staccare o meno la spina) non potrebbe dire la sua, nonostante una vita insieme e tre figli da crescere. Sulla necessità di andare a morire per l’Afghanistan, per Bush e per l’Impero ha già detto il padre di D’Auria. Parole lucide, dolorose, ma liquidate con sufficienza finto-compassionevole dal ministro della difesa Parisi, che le ha attribuite al dolore più che al ragionamento. Sul matrimonio in extremis, invece, su questa ipocrita applicazione dei Dico ad personam, nessuno ha detto nulla, se non l’ovvio moto di compassione per due vite così malamente offese. Pure, resta amarissimo il sapore di un diritto concesso alla fine, in fretta e in silenzio, un diritto “agevolato”, che avrebbe dovuto essere invece ovvio, acquisito e naturale, normale per tutti, la cui negazione offende. Negazione di un diritto a cui si è rimediato per pietà, per una forma di decenza che non riesce a cancellare l’indecenza di morire così e di regolarizzarsi in quel modo. Viva gli sposi. E a tutti gli altri, invece: vergogna.

16 commenti »

16 Commenti a “Voi siete qui – L’amaro matrimonio”

  1. Secondo me il caso di Lorenzo D’Auria, che si sposa in extremis da militare colpito a morte, produce un’emozione troppo forte per poter esprimere un giudizio, sia per rispetto della sua memoria, che per sua moglie e i suoi figli. In questa tragica vicenda si sono concentrate due questioni, Dico e Eutanasia. La sorte si è così accanita contro una persona sola e la sua famiglia, da imporre una sospensione di giudizio, pro o contro che sia.

    da isabella guarini   - domenica, 30 settembre 2007 alle 19:44

  2. La signora D’Auria ha ottenuto ciò che le spettava con un sotterfugio.

    da Filter   - domenica, 30 settembre 2007 alle 21:34

  3. io, invece, non sospendo un bel niente: vergogna e vomito sulla cattolica ipocrisia italiota.

    da iggy   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 08:53

  4. Anch’io sono d’accordo: viva gli sposi e vergogna a tutti gli altri. Vergogna non per quello che “gli altri” hanno “dovuto fare” in questa particolare triste circostanza di straordinaria risonanza nazionale, ma per quello che ipocritamente non consentono di fare all’uono qualunque non solo nelle situazioni analoghe al caso di Lorenzo D’Auria, ma anche in tutti gli altri casi in cui chi non ha santi in Paradiso volesse salvaguardare il sacrosanto diritto della sua autonoma scelta di vita.

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 10:28

  5. Sinceramente in questo momento così penoso andare a rimestare la faccenda dei Dico (per me sacrosanti, ci tengo a sottolineare) non mi pare proprio il caso.
    Potevamo attendere qualche tempo e portare il caso D’auria come esempio.
    Scivendone ora mi sento un pò a disagio perfino a leggere.

    da diamonddog   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 11:20

  6. L’accostamento, pur essendo tragicamente amaro, è doveroso. Sono le circostanze tristi che spesso offrono l’opportunità occasionale per togliere il velo sulle cose che il potere per convenienza preferisce mantenere celate.

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 15:16

  7. Non critico l’accostamento ma la scelta di tempo.

    da diamonddog   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 18:03

  8. La chiesa è orrenda, spesso e volentieri ce lo dimentichiamo.

    da segnaleorario   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 18:49

  9. A realtà bastarda, satiro bastardo! Scelta di tempo giusta e sacrosanta. La remora avrebbe senso per un porta a porta (minuscole volute e dovute), ma qui c’è in gioco la salvezza della briciola di dignità e senso del civico e del laido che ci rimane.

    da Abesibé   - lunedì, 1 ottobre 2007 alle 23:52

  10. Segnalo un altro articolo sull’argomento:

    http://www.gennarocarotenuto.it/public/post/triste-ipocrisia-per-il-matrimonio-in-articulo-mortis-dell-agente-del-sismi-lorenzo-d-auria-1349.asp

    da Camminare domandando   - martedì, 2 ottobre 2007 alle 00:29

  11. Straziante. E’che le guerre sono tutte da condannare, e la chiesa dovrebbe essere la prima a farlo. Dovrebbe.

    da stellavale   - martedì, 2 ottobre 2007 alle 13:59

  12. Ma avevano fatto le pubblicazioni ???
    Perchè costringere quel che resta di quel pover uomo a compiere un passo in quelle condizioni ???
    Altro che ipocrisia qui siamo alla terminazione (non eutanasia) della convivenza. A meno che non stia prendendo un granchio avrebbe potuto sposarla già in precedenza, le parole riportate del padre sono ovviamente di circostanza, figuriamoci del contrario ed il diritto di non aver già compiuto quel passo viene calpestato in nome di una arrogante ipocrisia. Se lo stato vuole aiutare la signora e i suoi figli (ormai quel che ha fatto per lui mi sembra conclamato) deve appoggiarsi a metodi medioevali? E se fosse morto prima della cerimonia cosa sarebbe successo?
    Un triste saluto

    da Riccardo   - martedì, 2 ottobre 2007 alle 16:45

  13. In questa paradossale e tristissima (non nel senso di mestizia, ma di schifo totale) vicenda un brivido lungo la schena mi ha colto assistendo alle descrizioni date da TUTTI i telegiornali di oggi 4 ottobre: sempre la lacrimuccia pronta versata sull’amore eterno che ha addirittura portato al ““matrimonio in articulo mortis”; trascurando quello che è già stato detto ovvero che questa unione era già sancita in piena consapevolezza dalla nascita dei tre figli. Tutti ovviamente hanno glissato abilmente sul(probabile)vero significato dell’atto.
    Possibile che l’intera compagine dei giornalisti radiotelevisivi abbia la mente così obnubilata da scordarsi di porsi/pòrci quello che mi sembra un ovvio quesito: ovvero – e se ci fossero stati i dico? – ?
    Non penso che questa riflessione sia inopportuna, ma anzi credo che testimoni un profondo rispetto ed una vera partecipazione al dolore della signora D’Auria. (ndr: grazie robecchi).

    da Claudia   - venerdì, 5 ottobre 2007 alle 00:42

  14. Mi sembra, però, che una unione non possa essere sancita solo dalla nascita dei figli. Altrimenti, con quelli che non hanno figli come la mettiamo?

    da isabella guarini   - venerdì, 5 ottobre 2007 alle 09:15

  15. Gentile signora Isabella Guarini, figli o non figli quello che conta è garantire il concetto democratico che ciascuno possa decidere autonomamente come formarsi la sua famiglia. Consolidato questo principio, lo Stato deve di conseguenza limitarsi a trovare il modo per salvaguardare i diritti umani di ciascuno. Non è umanamente ammesso che si possa imporre il matrimonio per assicurare quei naturali diritti che riguardano qualsiasi unione manifestata pubblicamente alla comunità.

    da Vittorio Grondona   - venerdì, 5 ottobre 2007 alle 12:28

  16. Per il caso dell’agente del Sismi tragicamente morto e sposato “in articulo mortis” tutti affermano che il codice di diritto canonico consente di sposarsi, in pericolo di morte, quando la volontà di farlo sia stata in precedenza espressa da entrambi i coniugandi in presenza di testimoni. Ma il diritto canonico dice tutt’altro.
    Se, poniamo, il 1° luglio di quest’anno il D’Auria e la convivente (o uno di loro) fossero stati in pericolo di morte e avessero dichiarato davanti a testimoni il loro reciproco consenso al matrimonio, il matrimonio sarebbe stato pienamente valido: sarebbe bastato darne immediata comunicazione al vescovo del luogo (canoni 1116 e 1121,2). Pericolo di morte e reciproco consenso devono essere contemporanei: diversamente si potrebbe regolarizzare quello che si vuole, ma sarebbe tragicommedia, non diritto canonico. Per il D’Auria il cosiddetto matrimonio è stato celebrato il 27 settembre, quando lo sposo non era in grado di esprimere il consenso, che è il fatto costitutivo del matrimonio, anche per il diritto canonico (can. 1057). Quindi non esiste nessun matrimonio.
    La riprova che è essenziale la capacità di intende e di voler al momento del matrimonio è costituita dal canone 1105: nel caso di nozze per procura, se il procuratore contrae in nome del suo mandante, ma questi è diventato demente prima della cerimonia, il matrimonio è invalido, anche se il procuratore o l’altra parte contraente erano all’oscuro della sopravvenuta incapacità.
    Per sposarsi, anche solo civilmente, bastano dieci minuti: la superficialità di tanti giovani li porta a rifiutare le formalità e lo farebbero anche per quelle richieste da un’ipotetica legge sulle coppie di fatto. Poi, però, tutti pretendono che siano lo stato o la chiesa a rimediare alla loro incoscienza. E’ urgente tornare ad insegnare ai giovani ad agire responsabilmente, senza lasciare nel dubbio e nei guai la persona amata.

    da Tranego   - martedì, 9 ottobre 2007 alle 10:53

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