Manu Chao – La Radiolina (Radio Bemba/Wea)
Avete presente quegli schizzi che si vengono componendo unendo i puntini, e che come per magia danno alla fine un disegno preciso? Sembra sempre più simile a loro il percorso creativo di Manu Chao, che mette con questo disco un altro puntino nell’affresco, e completa, e precisa, la sua parabola. Più elettrico e “rock” di Clandestino e di Proxima estaciòn…, altrettano poetico e struggente in certi passaggi (Me llaman calle, Otro Mundo, Mala fama), più veloce e scazonato in altri (Politik kills, The bleeding clown), alla fine inequivocabilmente suo: inconfondibile. La banda di Radio Bemba pare in forma strepitosa, il collage vi si compone nelle orecchie come un’alchimia magica che migliora ad ogni ascolto. E’ un problema: da Manu ti aspetti sempre un capolavoro e poi arriva… un capolavoro. Giù il cappello!
Ben Harper & the Innocent Criminals – Lifeline (Virgin)
Ma come diavolo fa Ben Harper a fare un disco all’anno, e perdipiù un disco come questo, dove canzoni di grande scrittura risultano ben suonate, tranquille nel loro rilassato aplomb e allo stesso tempo frementi e vive? Dev’essere un miracolo. Pensare che (come dicono le note di copertina) il tutto è nato a Parigi, in una sola settimana, senza computer e senza trucchi. Proprio come farebbe una band che si conosce a memoria e che si diverte a ricamare il suo soul, le sue ballate, il suo disincantato follk-rock, senza dover rendere conto a nessuno e senza effetti speciali per quaranta deliziosi minuti che vi fanno far pace con i dischi (se mai ci avete fatto la guerra).
Muddy Waters, Johnny Winter, James Cotton – Breakin’ It Up, Breakin’ It Down (Epic Legacy)
Siccome tracciare confini non è più tanto di moda (siamo o non siamo in piena epoca fusion?), mette un certo brivido di piacere sentire tre giganti (Waters, Winters e Cotton) che saltano la cavallina sulla frontiera tra blues e rock, con la leggerezza e l’impudenza dei grandi vecchi. Le registrazioni live di questo disco risalgono al 1977, quando il blues non era esattamente in cima a pensieri dei rockers. Ma tant’è, questo aumenta il piacere e racconta come un certo passato possa essere modernissimo. Così moderno che canzoni scritte cinquant’anni fa e suonate trent’anni fa ci fanno immenso piacere anche oggi. E domani, se è per questo. Divertente, trascinante, prezioso.
mer
26
set 07
Ho interrogato il database dei miei dischi e mi sono accorto che nemmeno un brano è interpretato da Manu Chao. L’unico Manu che potrebbe allietarmi con la canzone “Reggae Makossa” è Manu Dibanco (CD Afro-mania). Che faccio?… Devo dare retta alla recensione e rimediare all’imperdonabile mancanza?
da Vittorio Grondona - mercoledì, 26 settembre 2007 alle 16:27
Harper OK
I tre vecchi OK
Manu Chao.
Ecco le note dolenti. Come fare ad incantare le folle sbandierando appartenenze e ideologie di spessore pur rimanendo in sella alla limousine.
Un incrocio musicale che nasce da “Sandinista” dei gloriosi Clash e ne perpetua infinitamente le gesta ibridandolo con un pò di musica zingara e inti-illimani come un cocktail sbilenco.
Un pasionario da classifica che però fa tanto bene all’umanità.
Semplicemente un sopravvalutato.
Ma molto molto molto furbo.
da diamonddo - giovedì, 27 settembre 2007 alle 11:38
I cantanti non mi hanno mai convito.
da isabella guarini - giovedì, 27 settembre 2007 alle 12:05
sottoscrivo il commento #2
da Dust - giovedì, 27 settembre 2007 alle 14:18
Vi ringrazio. Ho deciso: faccio senza Manu Chao.
da Vittorio Grondona - giovedì, 27 settembre 2007 alle 16:22