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apr 07

E’ l’EcoNOmy, bellezza

Come siamo emotivi, a volte. Ci lasciamo prendere dall’indignazione o (peggio) da un malsano romanticismo antieconomico. E con questo, meschini!, rischiamo di arrecare danno al Pil, il nostro amato bene. Ricordate la pecora Dolly? Per l’angoscia di quelle magie biotech ci siamo strappati i capelli, abbiamo gridato alla fine del mondo ed esclmato: dove andremo a finire. Per fortuna l’emotività passa in fretta mente si sa che i soldi tendono ad avere un valore più stabile. E così anche l’industria del biotech italiano si prende qualche soddisfazione. Oggi rappresenta lo 0,4 per cento del Pil: poco, ma cresce a doppia cifra in modo costante. Quattro miliardi di fatturato, pochino in termini generali, ma oltre un quarto (1.283 milioni) investiti in ricerca, che per il settore è fondamentale. Vince senza gara il biotech medico (13 mila dipendenti sui 14 mila totali del settore), ma chiedono biotech anche l’agricoltura, la zootecnica e persino l’informatica. Siamo lontanissimi dagli alti livelli mondiali ed europei, ma cominciamo a capire anche noi – noi emotivi – che la possibilità di clonare una pecora prelude alla possibilità di clonare un sacco di soldi. E comincia a piacerci.

Il biotech italiano conta 222 imprese, di cui 162 dedicate alla cura della salute (fonte: Assobiotech e Blossom Associati)

Parafrasando J.F.K., non dobbiamo chiederci cosa deve fare il nostro Pil per noi, ma cosa possiamo fare noi per il nostro Pil. E una cosa che aumenta in modo considerevole il giro d’affari del paese la facciamo molto bene: facciamo debiti. Il credito al consumo va benissimo, il settore di quelli che si fanno prestare i soldi per comprare la macchina è in rapida crescita e ci facciamo prestare ogni anno da banche o finanziarie la bellezza di 85 miliardi di euro. Con questo gruzzolo facciamo girare la macchina del mercato, compriamo auto o moto (44 per cento del credito erogato), o mobili (ma con una crescita più contenuta, appena intorno al 1,2 per cento), mentre chiediamo meno prestiti (- 5,6 per cento) per comprare elettronica ed elettrodomestici, il che pare giusto: una società evoluta si compra in contanti almeno la lavatrice. Ma attenzione: se è giusto l’orgoglio economico di fare debiti, non dobbiamo scordarci che la marcia è ancora lunga e che molti altri soldi dovremo farci prestare con succosi interessi per arrivare al passo delle potenze europee. Il rapporto tra le consistenze del prestito al consumo e il Pil è del 6,1 per cento, cifra dilettantesca di fronte ai professionisti dei debiti come gli inglesi (17,2 per cento del Pil) e i tedeschi (10,4). Quanto alla vecchia frase di J.F.K, ecco dunque la risposta. Cosa possiamo fare di più per il nostro Pil. Debiti. Facile, no?

(fonte: XXI Osservatorio sul credito al dettaglio, realizzato da CRIF con la collaborazione di Assofin e Prometeia)

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