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sab
24
mar 07

Tre dischi per D: Grinderman, Sepe, Autori Vari

Grinderman – Grinderman (Mute)


A dirla tutta, non è che questo Nick Cave nascosto sotto la sigla Grinderman sia molto diverso dal Nick Cave con i storici Bad Seeds, magari quelli della prima ora. E di questo bisogna dirgli grazie. Chi ama questo blues dolorante e sghimbescio, tirato fino all’invettiva, sporco e sofferente, sa che è un virus letale, che ha un impatto emozionale alto e che le sue scurezze possono essere vere voragini. In più, le chitarre sono perfette, si intarsiano echi hendrixiani (Love bomb), l’energia e le linee di basso si sposano alla perfezione. Chi conosce e ama il vecchio Nick sa. E tutti gli altri dovrebbero sapere: qui si confina col capolavoro.

Daniele Sepe und Rote Jazz Fraktion – Suonarne 1 per educarce 100 (cd il manifesto)


Nel venticinquennale del 1977, va detto, di quelle musiche, suoni, sensazioni, collages, jazz di strada, sberleffi e parodie non è rimasto molto. Daniele Sepe ci ri-racconta un po’ tutto, e ne viene fuori un puzzle (un concept-album?) più che gradevole. Dal titolo alla copertina, è manifesto l’intento autoironico, le storie e le parti recitate rendono bene lo spirito di quei tempi, seppur rivisitato. E le musiche non sono da meno, ottimamente suonate da un collettivo di decine di musicisti che Sepe ha catturato e messo all’opera. Echi di Area, Napoli Centrale, jazz ruspantello, rock di varie razze (hard, progressive), come in un patchwork di storie e suoni. Un come eravamo brioso, iroso e ironico con dentro un po’ di musica di chi ha transitato per quegli anni.

Autori Vari – Afro-Cuban Kaleidoscope (Fania – v2)

Cuba, Portorico, Venezuela. Un po’ tutti si contendono il merito di aver agitato quella strepitosa scena che era il movimento salsero newyorkese tra gli anni Sessanta e Settanta. Fania, che è l’etichetta principe di quell’onda, mette in fila in questo disco il meglio del meglio. Tito Puente, Eddie Palmieri, Johnny Colòn, Tico Alegre e altri, disegnano qualcosa di più di un semplice ritmo con variazioni sul tema, ma un suono, un’attitudine, una verve, che fecero epoca e scuola. I confini sono labili, tra salsa e jazz, tra grandi orchestre e sezioni ritmiche “todopoderose”. E c’è da rimanere basiti, piacevolmente basiti, a risentire quel che si ballava nei migliori dancefloor una quarantina d’anni fa.

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