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dic 06

GQ UltimaPagina – Oh, no! La guerra è finita!

Verso le otto si alzarono i picciotti. Si lavarono alla bell’e meglio, inforcarono il motorino smarmittato e andarono ai soliti posti per una nuova giornata di lavoro. Verso le otto e mezza già capirono che era una giornata stracca, pochi affari, Verso le nove si stupirono perché era molto stracca, zero affari, tutte le bustine ancora in tasca. Verso le nove e mezza persino i picciotti più fessi – cioè tutti i picciotti – si accorsero che qualcosa non andava.

Verso le dieci si alzarono gli affiliati. Caffè, pisciatina, tiro di coca e via verso la sala biliardo. Videro i picciotti ai soliti posti, immobili ma inquieti. E si fecero raccontare la cosa, nel solito furibondo corpo a corpo con la lingua italiana e i congiuntivi. Alle undici anche gli affiliati più stronzi – cioè tutti gli affiliati – avevano capito che la faccenda era grossa, e cominciarono a preoccuparsi. E si appartarono per fare una telefonata.

Verso mezzogiorno si alzarono i boss. Brioches fresche, spremuta d’arancio, posate d’argento a bordo della piscina – sulla Costa del Sol, o a Cap d’Antibes – Sole 24 Ore o Financial Times sul tavolino. Due o tre telefoni che squillano. Non furono telefonate piacevoli. Prima dell’ora di pranzo anche i boss più feroci – cioè tutti i boss – avevano capito che si avvicinava la fine della bella vita.

Verso le quattro del pomeriggio la ferale notizia arrivò in molti posti del pianeta. A Medellin e a Bogotà. A Istambul. In certi fortini dei signori della guerra in Afghanistan. In certe magioni bellissime col prato all’inglese dalle parti della Tahilandia. In certi uffici moquettati della City di Londra. In certe suites al trentottesimo piano dei più esclusivi alberghi di Miami. Fu un variegato coro di “oh, my God!”, e “Puta madre!”, e “Mierda!”. Ma per prima cosa bisognava subito fare qualche telefonata.

Cominciava a tramontare il sole quando certe radio di bordo cominciarono a gracchiare. Su navi-cargo per il trasporto merci nei mari del Mediterraneo. In certi capannoni anonimi nel porto di Rotterdam. Negli uffici di certi amici fidati negli aeroporti europei. In certe case sicure adibite a raffinerie. Allarme rosso: tutta quella polverina che costava cento all’ingrosso e poteva arrivare a costare centomila al dettaglio non valeva più niente. Polvere era e polvere era tornata. Porca puttana!

Verso le 22 i ministeri del Commercio e della Sanità dell’Unione Europea emisero un comunicato congiunto. Una nota di dodici righe rivelava al mondo che in quella sola giornata le farmacie del continente avevano venduto – dietro presentazione di ricetta medica, in seguito a controlli sanitari ed effettuate analisi qualitative – undici milioni di dosi di cocaina, tre milioni di dosi di eroina e centinaia di migliaia di altre sostanze fino a ieri illegali. Da oggi legalizzate,  controllate e vendute ai clienti con burocratica regolarità.

Verso mezzanotte la guerra era finita. Alcune decine di miliardari in dollari, boss, affiliati, picciotti, killer, soldati di camorra, andarono a dormire con un solo pensiero per l’indomani: cercarsi un lavoro.

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