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3
set 06

E’ l’EcoNOmy, bellezza

Anche il nostro prodotto interno lordo, come del resto certi aspiranti sovrani e certi portavoce di An, appreza le donne giovani. Da loro, benedette ragazze, arrivano notevoli soddisfazioni per la creazione del pil. Lo provano senza alcun dubbio i dati sulle immatricolazioni di autovetture nel 2004, secondo cui le donne italiane comprano più macchine degli uomini italiani. Carta canta: nella fascia di età tra i 26 e i 30 anni la percentuale di donne che compra un’auto supera la percentuale di uomini di ben due punti (11,3 per cento contro 9, 11). Meglio ancora fanno le ragazze tra i 31 e i 35: 14 per cento contro un misero 11,45 dei maschietti. Brave! Così si fa, e almeno su quattro ruote il pil è donna! Ma attenzione al rovescio della medaglia. Eh, sì, perché dopo il cinquantesimo compleanno le donne frenano la loro brama di possesso di autovetture, che precipita addirittura sopra i 65 anni, quando appena il 5, 66 delle ragazze si compra la macchina. Beh? Che assuda maniera è questa di illudere il mercato? Come si permettono certe signore di spassarsela in macchina solo fino a una certa età? Non è un mistero che il pil – questa religione planetaria – ha bisogno di una certa continuità e di una pratica costante e continua, abbandonarlo miseramente con la scusa dell’età che avanza sfiora il sacrilegio!
Le donne italiane smettono prima degli uomini di comprare automobili. L’età media delle aquirenti è di 39 anni, età media che per gli uomini si alza considerevolvemnte fino a 43 anni (fonte: Aci-Unrae sulle immatricolazioni 2004)

 

Può stupire che una grande azienda che non si occupa di petrolio abbia conseguito nel 2005 risultati molto positivi pur in assenza di importanti acquisizioni, fusioni o ristrutturazioni. Eppure succede. Il bilancio 2005 del Vaticano si è chiuso con un attivo di 9,7 milioni di euro, con un aumento secco di 6,6 milioni rispetto al 2004. Un risultato eccellente per un’azienda che opera su tutti i principali mercati mondiali. Poca cosa, per la verità, è l’incremento delle conferenze episcopali, diocesi, istituti religiosi ed altre varie entrate (73,9 milioni contro 73,3 dell’anno precedente). Pesanti le perdite dei vati uffici stampa (28 milioni il deficit dell’Osservatore Romano; 23,5 le perdite della Radio Vaticana), ma in compenso immense soddisfazioni sono arrivate dall’attività finanziaria, chiusa con un attivo di 43,3 milioni di euro (era di appena 6,1 milioni nel 2004). Ecco una grande azienda con filiali in tutto il mondo che se la cava piuttosto bene, dunque, anche grazie alla fidelizzazione dei clienti che hanno contribuito volontariamente con l’Obolo di San Pietro per circa 59,5 milioni di dollari (più 14,95 per cento rispetto al 2004).
Dati dal bilancio consuntivo della Santa Sede (fonte: Prefettura per gli affari economici vaticani)

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