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ven
21
gen 05

Rock is vintage

Ah, il vecchio Frank Sinatra sì che la sapeva lunga: “il rock’n’roll è la musica di tutti i delinquenti sulla faccia della terra”. Bei tempi: nugoli e torme di ragazzini a dimenare le anche, adolescenza perenne o, come cantava Dylan: “forever young”. Ora, finito. Le rockstar più gettonate, quelle che riempiono gli stadi, sono solidi signori che hanno passato la cinquantina da un pezzo. Con soave maestria recitano se stessi: chi ha detto che la clonazione umana non è ancora realtà? Jagger non è forse un clone del vecchio Mick? Il Boss con la tracolla della chitarra lunga-lunga e i jeans strappati gioca ancora a fare Bruce Springsteen. E’ una questione di durata, ma anche di noia: si può essere un Rolling Stone a vita? Cosa sarebbe, una forma dorata di ergastolo?
Dall’altra parte, come sempre accade, c’è il pubblico. Pagante. Plaudente. Invecchiante. E’ una questione di tradizioni: se hai fatto l’amore la prima volta ai tempi di Satisfaction, è chiaro, quella canzone ti resterà dentro a vita. E diventerà come la torta di mele della nonna. E’ un’inerzia che trascina. O forse peggio: la tranquillizzante sensazione che se i suoni che sentivi a vent’anni li puoi sentire anche a cinquanta, allora tre decenni non sono passati, il tempo si è fermato. E dunque: le canzoni degli Stones, le schitarrate del Boss, le mossette di un Bowie, persino la lucida intellettuale ghigna di un Gabriel finiscono per essere quello che mai avrebbero dovuto: una crema per le rughe, un gerovital con la chitarra elettrica.
Eppure fa piacere: uno si siede lì, si mette comodo in poltrona, e si legge un classico. Si sente un disco dei padri della patria. Giusto. Ma è la stessa cosa andarselo a vedere allo stadio? Pagando come maturi benestanti, sì, ma scomodi come ragazzetti alla prima trasferta, con lo zaino dei panini, la coda all’entrata, magari la perquisizione, che non si sa mai, se dal passato ti sei portato – insieme alle canzoni – anche una canna. Vergogna! Alla sua età!
Si finisce sempre con i bis. Non c’è niente di male se si ritrovano i propri vent’anni, anzi. Ma il rischio è che ormai il rock’n’roll sia una cosa così, per reduci, nostalgici e revenants. Ah, il rock! Che bel capetto vintage!

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