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nov 03

l’Unità – Che cos’è la censura?

Questo testo è stato scritto per una serata contro la censura organizzata da Articolo 21 in un teatro romano all’inizio del novembre 2003. L’unità ci ha chiesto di pubblicarlo.


di Peter Freeman e Alessandro Robecchi

“La mafia non esiste” lo dicono i mafiosi. Ora, siccome siete una platea intelligente vi facciamo una domanda: chi è che dice che la censura non esiste?
La gente si immagina un censore come una persona severa che ti cancella qualche riga da quello che hai scritto. E’ esattamente così, o almeno, nella sua forma classica la censura è esattamente questo. E’ un meccanismo molto semplice: la gente ascolta quello che dici e non si chiede mai: ehi, avrebbe potuto dire qualcos’altro? Qualcosa di più? La censura sostituisce un silenzio a un suono, uno spazio vuoto a una parola scritta. Dopo che è passato il censore, la parola censurata non c’è più, al massimo la conoscono due persone: il censurato e il censore. Il censore dirà che la censura non esiste, e il censurato rimarrà lì come un pinguino nel deserto. E a voi, invece, è stato rubato qualcosa, e nella maggior parte dei casi neppure lo sapete. Visto il trucchetto? Sembra che ci sia stato un furto – una parola – e invece ce ne sono stati due: la parola e la stessa notizia del furto. Ogni censore dovrebbe prendere due stipendi!

Si può provare una certa nostalgia per questo tipo di censura: c’è un buono che dice una cosa e un cattivo che non gliela fa dire. E’ una cosa schifosa, ma almeno è chiara e limpida. Come la guerra: era una cosa schifosa pure prima, ma il fatto che ora la chiamano “pace” o “esportazione della democrazia” la rende ancora più ripugnante.

Il fatto è che il giorno dopo il censurato torna dal censore. E questa volta si crede astuto, e scrivendo, e parlando, e cantando la sua canzone si dice: ora ti frego io. E si sforza di pensare come il censore, e la parola la cambia lui, prima che quello glielo dica. Bene! Se tutti i censurati penseranno come il censore, i censori non serviranno più. Visto? La censura non esiste.
Ma vedete, non è così semplice, perché il censore comincerà a pensare come il censurato che si sforza di pensare come lui. E, si dirà, se sono riuscito a fargli cambiare una parola, perché non due? E’ la pura verità gente: la censura si autoalimenta, più parole cancella e più ne vorrebbe cancellare. E così finisce che il censurato avrà paura delle sue stesse parole. Si chiederà ad ogni riga: passerà questo? E questo sarà accettato? E questo, tutto sommato, perché non lo ammorbidisco un po’?

Naturalmente, questo censore accigliato che vi cancella le righe è una figura un po’ démodé. Oggi, dopo un secolo di psicanalisi e dieci anni di Berlusconi, il censore si mostra amico del censurato. Come si fa con i bambini, cerca di farlo riflettere, gli suggerisce parole alternative. Come un veggente, gli spiega chi potrebbe arrabbiarsi per quella parola, e nel giro di un secondo l’ipotesi diventa certezza, e il secondo dopo la parola non c’è più. Perché, insomma, bisogna pensare alle conseguenze. Ehi, siamo realisti, perché dovrei tirarmi addosso tutti questi casini solo per non cambiare una parolina?
Quando il censurato si convince e comincia a pensare alle conseguenze, la sua maturazione è giunta a buon fine. Ecco, ora è il censurato perfetto, quello che non dice ciò che pensa perché quello che pensa potrebbe non piacere a tutti, e quindi smette di dirlo, e dopo un po’ anche di pensarlo e dopo un po’ nessuno si prenderà la briga di censurarlo perché ha capito tutto e finalmente è un autore maturo, affidabile, pronto per dire ciò che piace a tutti, cioè tante parole piene di vuoto che, anche esteticamente, sono meglio di una riga nera.

Ecco: missione compiuta: in questo paese siamo passati da “la mafia non esiste” a “bisogna convivere con la mafia”. Con la censura è successo lo stesso, ma nessuno ve lo dirà in tivù. Il che prova, gente, che è successo davvero.

 

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